
Siamo in un centro commerciale. Ci sentiamo anestetizzati rispetto a quanto succede fuori… si entra col sole, si esce con la notte… Per questo qualcuno sostiene che ci troviamo in un nonluogo.
Ci troviamo in un ambiente nato per costringerci a consumare artificialmente, dicono. Ma qui si passeggia e parcheggia con tranquillità, i bimbi trovano un luogo di svago altrimenti non disponibile in inverno, e si riesce a combinare più tipo di acquisti: la spesa alimentare, qualche articolo di abbigliamento. Il tutto a prezzi accessibili.”
A sostenere che i centri commerciali rappresentano un nonluogo fu, prima di tutti, Marc Augé, ma ormai sono molti a impiegare il neologismo coniato dall’antropologo francese, e sempre con accezione negativa.
Riportando il discorso ad un livello meno narrativo, quello che ci si deve chiedere ormai è se ha senso barricarsi dietro i rimpianti per i tempi trascorsi, in cui erano le piazze dei centri storici a fungere da epicentro della vita di un paese.
Se è possibile che il modo di vivere i nonluoghi sia cambiato tanto radicalmente da far loro acquisire una dimensione di relazionalità inattesa. E se, infine, le contrapposizioni tra “centro storico” e “centro commerciale” o “outlet center”, siano state letteralmente scavalcate dai nuovi bisogni dei cittadini di oggi.
Forse è ora di vedere soltanto la realtà per come si presenta: la distribuzione moderna specializzata si sta gradualmente sostituendo alla distribuzione tradizionale dei centri storici. Ed è ora di adottare azioni concrete e urgenti per salvaguardare l’offerta commerciale dei centri storici.
Un’indagine realizzata nel 2009 ad un campione rappresentativo di emiliano romagnoli lo conferma: i risultati dell’indagine infatti palesano i cambiamenti che sono avvenuti negli ultimi anni nelle abitudini di acquisto.
Quando si tratta di acquisti di abbigliamento e calzature, rispetto al 2002, anno per cui sono disponibili dati, si è inesorabilmente ridotto il peso della rete tradizionale dei centri storici, a cui si contrappone un sostanziale miglioramento delle performance della distribuzione specializzata moderna.
La forte crescita dei negozi dei centri commerciali (+16%) e degli outlet (ora al 9%, non presenti nel 2002), lascia intuire quanto sia fondamentale la funzione di luogo di aggregazione, rappresentato dalla galleria dei centri commerciali o dalla piazza delle città virtuali ricostruite dagli outlet center, nella scelta dei luoghi di shopping.
A soffrire maggiormente di questa concorrenza sono appunto i negozi dei centri storici, per i quali si registra un calo del 27%. Quasi un tracollo, a cui si oppone la crescita dei negozi di quartiere (+7%), che invece resistono evidentemente grazie al servizio di prossimità che sono capaci di garantire.
Il mercato ambulante continua ad essere frequentato dal 25% della popolazione: la disponibilità di un ampio assortimento a prezzi convenienti ha reso il commercio su aree pubbliche capace di resistere all’inasprimento della situazione concorrenziale.
Anche sul fronte degli acquisti di beni durevoli, come prodotti per la casa ed elettrodomestici, la distribuzione moderna specializzata si è quasi completamente sostituita alla distribuzione tradizionale.
Rispetto al 2002, le medio-grandi strutture di vendita hanno registrato un ampliamento della penetrazione in popolazione del 41%. I negozi del centro storico, se nel 2002 erano i primi tra le tipologie distributive utilizzate, ora sono appena il 3%: il 33% in meno.
I dati relativi al 2009 si riferiscono ai risultati dell’indagine curata da Iscom Group per l’Osservatorio prezzi e tariffe della Regione Emilia Romagna: “Indagine sugli stili di vita in Emilia Romagna”. Il campione impiegato, relativo alle province di Piacenza, Reggio Emilia, Ferrara, Ravenna e Rimini, conta 545 interviste, ottenuto con un campionamento casuale di famiglie residenti, stratificato per provincia e per comune
I dati relativi al 2002 si riferiscono alla pubblicazione “Indagine sulle abitudini di acquisto”, a cura di Iscom Group e Unioncamere E.R., basata su indagine campionaria di 2.773 interviste telefoniche realizzate ad aprile 2002 nelle province di Piacenza, Reggio Emilia, Ferrara, Ravenna e Rimini.
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